Difendere il nostro cervello by Nita Farahany

Difendere il nostro cervello by Nita Farahany

autore:Nita Farahany [Farahany, Nita]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2023-12-19T23:00:00+00:00


Il diritto all’autodeterminazione sul cervello e sulle esperienze mentali

Certe azioni che modificano il cervello impongono costi agli altri che, a seconda della loro natura e portata, potrebbero giustificare alcuni interventi. Quando consumiamo alcol abbiamo tempi di reazione più lenti, perciò la società ci vieta di metterci alla guida di un veicolo motorizzato. Tuttavia la maggior parte delle società occidentali non vieta completamente l’alcol, forse perché le conseguenze del consumo sulla maggior parte degli individui, e sulla società, sono temporanee e transitorie, anziché permanenti e inevitabili. Altri interventi dagli effetti più permanenti potrebbero ricevere una valutazione diversa. Ma per quanto riguarda la domanda generale – gli individui hanno il diritto di potenziare o ridurre la propria attività cerebrale? – la risposta è sì, purché le esternalità della loro decisione non interferiscano in misura troppo drastica con gli interessi alla libertà degli altri.

Al pari di altri diritti compresi nel pacchetto della libertà cognitiva, il diritto all’autodeterminazione sul cervello e sulle esperienze mentali ci impone di aggiornare esplicitamente la visione della legislazione internazionale sui diritti umani. L’autodeterminazione non è un diritto assoluto, ma piuttosto un interesse alla libertà che è limitato solo dagli interessi alla libertà degli altri. Questa visione è alla base del diritto a essere eguali in dignità, a non subire discriminazioni, a vedere rispettata la propria privacy e a potersi esprimere liberamente.

Come sosteneva Mill, «per quanto concerne il danno puramente contingente o, come lo si può chiamare, costruttivo che un individuo causa alla società con una condotta che non infranga alcun dovere specifico verso il pubblico, né leda percettibilmente alcuna persona precisa salvo l’individuo stesso, si tratta di un fastidio che la società può permettersi di sopportare, negli interessi di un bene maggiore, la libertà umana».57 Detto in parole semplici, i danni contingenti non soddisfano il requisito della necessità per l’interferenza dei governi. Quando la società interferisce nella condotta puramente personale, immancabilmente lo fa nel modo e nel posto sbagliato. Possiamo e dobbiamo evitare di agire come la polizia morale, chiedendoci solo se le nostre scelte danneggiano gli altri. In caso contrario non dobbiamo interferire, perché sono strettamente personali.58

Questo non vuol dire che la società non abbia più alcun potere di influenzare le scelte individuali riguardanti il cervello e le esperienze mentali. Bisognerebbe fornire alle persone adeguate informazioni sui rischi e i benefici di certi interventi al cervello, incentivare le scelte in linea con il bene comune e anche prendere in considerazione la necessità di limitare certi comportamenti – come andare in moto senza casco – per contenere gli oneri finanziari che le scelte di un individuo possono imporre alla società.

Ma anche in questo caso dobbiamo andarci con i piedi di piombo. John Stuart Mill sottolineava che, seppure lo stato abbia interesse a scoraggiare la condotta dannosa, come l’ubriachezza, «tassare gli alcolici al solo fine di renderne più difficile l’acquisto differisce solo per gradi dal proibirli del tutto, e sarebbe giustificabile solo se lo fosse il divieto. […] La […] scelta di piaceri [dei cittadini] e il loro modo di



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